Finirà. Speriamo di sì, credo di sì. Ma sarà tutto come prima?
Queste sono le domande che tutti i giorni ci facciamo.
In struttura noi operatori arriviamo consapevoli che per ora non possiamo più abbracciare un ragazzo, e che loro non possono abbracciarci. Quando entriamo ci dobbiamo preparare: tra mascherine, guanti e altro i ragazzi sentono la nostra voce ma non riescono più a vedere i nostri volti. Coperti dalle mascherine vedono i nostri occhi che parlano della passione che ci mettiamo. Così è difficile, ma dobbiamo andare avanti. Lo dobbiamo fare, anche se la paura è tanta che alle volte, anzi quasi sempre, prende il sopravvento. Come dicono i miei colleghi lacaniani, che sembrano saperla lunga, siamo "angosciati".
I ragazzi sembra abbiano perso tutti i loro punti di riferimento nel giro di pochi giorni: la piscina, l’orto, i centri d’aggregazione, la scuola ecc. Tra i punti di riferimento che sono venuti a cadere ci sono anche i rientri in famiglia.
Siamo isolati dentro una struttura che cerchiamo di tenere il più protetta possibile per i nostri ragazzi e, diciamoci la verità, anche per noi.
Finirà. Speriamo di sì, credo di sì. Ma sarà tutto come prima?
Come dice D., una nostra Ragazza: “Speramo!”
Lorenzo Perfetto
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