«Mamma e papà, come state?»
È questo che chiede L., dopo la proposta dell’operatore di inviare un video ai genitori, proposta che segue a un pianto disperato di L. con la faccia sul cuscino.
Non vuole farsi vedere, piangere…
Qual è il reale per questi ragazzi, in questo momento?
È lo stesso reale da cui sono schiacciati ogni giorno e a cui riescono a far fronte con i loro tentativi stereotipati, ripetitivi, mortiferi?
Quanta realtà entra nel loro reale?
Ragazzi, diagnosticati autistici, psicotici, con problemi comportamentali che vivono a un passo dalla realtà, ci mostrano un movimento, imposto, verso la situazione attuale.
G., in preda a una crisi per non voler lavare i suoi vestiti in struttura, si picchia violentemente le tempie.
Non è un capriccio relativo al non voler trovare posto ai suoi vestiti…
Non è il posto in cui lui vuole che rimangano i suoi vestiti!
«G., ti è stato detto qualcosa sui prossimi rientri a casa?»
«Mama, papa, sasa…Noooooo!»
Ci isoliamo.
«G, sai… gira una brutta influenza. Il Governo ci ha detto che non possiamo uscire, non potrai vedere mamma e papà per un po’.»
Pianto. Un pianto reale, incontrollabile, straziante per colui che piange e per colui che assiste quasi impotente, ma sceglie di partecipare con rispetto. Non gli si può dire di non piangere. Non c’è alcuna possibilità che lo vieti.
A G., che non conosce i numeri, si propone di strappare le pagine del calendario relative ai giorni di “Chiusura Totale”, di “limitazione degli spostamenti”, di “stare a casa”, di barrare con una X il giorno corrispondente e di cerchiare il giorno in cui, forse, potrà rivedere “Mama, Papa, Sasa”.
Una manovra immaginaria che fissa un limite alla sofferenza procurata dalla mancanza, sul piano di realtà, di Mama, Papa, Sasa.
Operatori, come state?
Come si sta sul fronte? Come si sta in questo tempo, senza tempo?
È questo l’insegnamento di ciascun soggetto che incontriamo ogni giorno. Ci insegnano a vivere in un senza tempo in cui, il tempo, si costruisce sulla base del gesto, della richiesta, della sofferenza, della crisi.
È un tempo in cui siamo chiamati a stare, in cui, paradossalmente, è più semplice stare, non dovendo stare dietro ai nostri impegni, al nostro studio, al nostro preoccuparci di…
È un tempo florido in cui drizzare le orecchie, centrare* le antenne verso la costruzione della realtà di ciascun ragazzo, ospite, della nostra struttura.
#stiamoall’antenna00100, ma stiamoci, realmente.
Barbara D’Argenio
*Centrare è il termine tecnico utilizzato da chi lavora nell’ambito delle telecomunicazioni per indicare la ricerca dell’orientamento dell’antenna verso la fonte del segnale.
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